Il peyote è un piccolo cactus che cresce spontaneamente nel Messico settentrionale e nelle zone confinanti degli Stati Uniti. Il suo nome botanico è Lophophora Williamsii ed è tra i più famosi allucinogeni naturali esistenti. Conosciuta fin dall’epoca preistorica, questa pianta era, ed è tuttora, usata dai nativi americani, tra cui gli Huicholes ed i Tarahumara, in riti religiosi e sciamanici soprattutto in Messico settentrionale e centrale. Queste popolazioni ritenevano che il peyote fosse uno strumento divino in grado di mettere in contatto gli umani con gli dei: per questa ragione esso veniva ingerito dai sacerdoti per rivolgere richieste agli dei e per conoscere i loro voleri. Trovava utilizzo anche per scopi medici. Per i missionari cristiani, il peyote era opera del demonio, perciò tentarono di estirparne l’uso, ma il loro successo fu parziale, visto che gli indiani hanno continuato in segreto a utilizzarlo fino ai giorni nostri. Secondo alcuni studiosi il culto del peyote si diffuse dal Messico negli Stati Uniti d’America alla fine del ‘700 ad opera dei Lipan Apache, che lo conobbero durante le scorrerie nel Messico settentrionale e lo estesero nel corso degli anni a molte comunità nordamericane. Fin dal suo apparire, il movimento peyotista negli USA fu osteggiato e non essendoci alcuna legge che proibiva l’uso del peyote il divieto fu fatto rientrare nella legge sugli alcolici. Questa opposizione verso il cactus portò i vari gruppi peyotisti a correre ai ripari chiedendo uno statuto legale per proteggere la loro fede e, nel 1918, fondarono la Native American Church in modo tale da difendere la loro religione e conseguentemente l’utilizzo del peyote per scopi religiosi. Ancora oggi il suo utilizzo è controverso, da una parte molti stati ne permettono l’uso per fini religiosi, altri stati o gli stessi, impongono pene e multe per il possesso della pianta.
La legge italiana sancisce il peyote come sostanza illegale.